Paolo Bianchi è nato a Biella nel
1964. Fa il giornalista da 25 anni, nella carta stampata.
Ha collaborato con innumerevoli testate,
prima da redattore e poi, dal 2000, come free lance. Solo per il
quotidiano Il Giornale ha firmato oltre 1.200 articoli. Alcuni suoi
titoli sono più noti di lui, che paga un nome troppo comune,
ad esempio il suo libro desordio: Avere trentanni e
vivere con la mamma (Bietti). Scattata nel 1997, è la fotografia
di unepoca che non accenna a sbiadirsi. Ha pubblicato i romanzi
Uomini addosso (1999, ES) e Il mio principe azzurro (2001, ES, con
Igor Sibaldi). Poi si è dedicato a un paio di battaglie donchisciottesche:
la prima contro leditoria a pagamento, che illude sempre nuove
generazioni di gonzi, la seconda contro i giornalisti venduti (La
repubblica delle marchette, 2004, Stampa Alternativa, con Sabrina
Giannini).
Per consolarsi di essersi fatto un milione
di nemici ha scritto un romanzo sentimentale, La cura dei sogni
(Salani), e siccome è andato bene ha scritto Per sempre vostro
(Salani). E anche un apprezzato traduttore letterario.
Coerentemente col suo gusto per le missioni
impossibili è stato uno dei pochissimi scrittori italiani
a prendere pubblica posizione sul Foglio in favore della lista anti-aborto
di Giuliano Ferrara. Non essendo un intrigante, né uno sgomitatore
e tantomeno un ipocrita (speriamo), non ha mai vinto alcun premio
letterario. In compenso, i suoi libri hanno sempre incontrato il
pubblico, in ogni parte d'Italia.
Da marzo 2010 collabora assiduamente al quotidiano
Libero, il che lo farebbe rientrare, secondo alcuni detrattori,
nella categoria degli "squadristi rancorosi". Giudicate
un po' voi.
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